Spoiler: per tutte.
Pochi giorni fa, durante una presentazione del mio libro I Ricordanti *, mi sono trovata a chiacchierare con il mio editore e alcuni addetti ai lavori riguardo la prassi di indicare sui libri la fascia d'età.
Da libraia devo ammettere che la divisione per fascia d'età è di una comodità straordinaria: quelli da 0 a 3 anni lì, i prescolastici di là, prime letture qua, i 7-9 a destra, 9-10 a sinistra e... voilà!... il negozio è sistemato.
Ma queste etichette (come tutte le etichette del resto) tendono a prendere potere e si arriva a un punto in cui diventano la scusa per l'intransigenza e la pigrizia mentale.
A forza di incasellare tutto in compartimenti rigidi ci si dimentica delle zone dove la divisione non è poi così netta oppure, orrore!, che esistono individui fuori dallo schema.
Bambini di otto anni che hanno letto il Signore degli Anelli vengono guardati con sospetto (sarà normale?); ragazzini di undici appassionati di Geronimo Stilton sono considerati indietro (ma rispetto a quale gara?). La fascia d'età, in buona sostanza, da linea guida si sta trasformando in dettame religioso.
Ecco allora che mi domando: ma non staremo esagerando? Facendo così non sottovalutiamo la vera potenza dei libri e la loro peculiarità?
Nel tentativo di organizzare la vendita della merce, il lavoro didattico, la programmazione degli obiettivi di apprendimento, lo sviluppo cognitivo e compagnia bella forse stiamo dimenticando che la lettura è (anche) insubordinazione.
Sì, sono convinta che leggere è un atto che si alimenta della libertà intesa in tutti i suoi aspetti (come già spiegato in maniera eccelsa da Pennac **) e che le etichette, seppur utili per organizzare la complessità, rischiano di trasformarsi in un pericoloso limite che snatura l'essenza anarchica, coraggiosa e pulsante della lettura.
*Se dovesse interessarvi lo trovate in vendita QUI
** Se vi intriga il rapporto tra lettura e libertà recuperate Come un romanzo di Daniel Pennac

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